La fotografia non si limita a catturare un istante: essa si muove, si sovrappone, si inscrive nel tempo come una scrittura luminosa in continuo divenire. Il gesto fotografico assume una dimensione dinamica, in cui l’immagine si impressiona senza mai emergere del tutto, rimanendo sospesa tra latenza e dissolvenza.
La macchina fotografica diventa un dispositivo nomade, in viaggio attraverso il paesaggio, tracciando un percorso visivo che si sovrascrive come la lettura di un testo. Questo processo di stratificazione e riscrittura produce un’immagine che si costruisce attraverso l’accumulo e l’erosione, evocando ciò che non può essere visto direttamente.
Così come la macchina da presa proietta un film su un piano di proiezione, la macchina fotografica cattura un’immagine trasportandola su una superficie fotosensibile. L’uso di pellicole sensibili all’infrarosso e l’utilizzo dello sviluppo mescolato con l’acqua contaminata di Porto Marghera (Venezia) trasformano il mezzo fotografico: attraverso questo processo, la fotografia diventa strumento per rivelare ciò che altrimenti rimarrebbe invisibile. Questa serie di fotografie sono state prodotte camminando lungo il perimetro del petrolchimico, non come un gesto esplorativo ma come atto politico. Un modo di registrare l’assenza, di rendere visibile il danno, di inscrivere nella materia fotografica la memoria di un paesaggio violato.
Sviluppare le immagini con l’acqua della laguna inquinata porta il luogo stesso dentro la fotografia, contaminando il processo con la sua realtà fisica.
Il mezzo diventa parte del messaggio: l’immagine non è solo rappresentazione ma testimonianza dell’invisibile in atto.
Serie di fotografie
da negativi 6 x 17 cm Rollei Infrared 120
stampa digitale 300 x 100 cm
2024 – in corso