Secondo la teoria del Flogisto del XVIII secolo, il flogisto è una sostanza imponderabile che si libera nella combustione o nella calcinazione dei metalli, riconosciute come fenomeni della stessa natura. Si ritiene infatti che i corpi combustibili e quei metalli che per riscaldamento dell’aria si trasformano in calci (cioè si ossidano) siano costituiti da almeno due componenti, uno dei quali, il flogisto, eliminabile per combustione o calcinazione.
Secondo gli ultimi sviluppi della teoria, l’aria atmosferica risulta composta di due parti, l’una detta flogisticata (corrispondente all’azoto), l’altra detta deflogisticata (corrispondente all’ossigeno): la prima è l’aria in cui erano avvenuti i processi di calcinazione o di combustione, la seconda quella capace di dar luogo a tali processi.

Bruciare, significa emettere flogisto violentemente sotto forma di fiamma: il peso della sostanza bruciata diminuisce a causa del flogisto liberato.  Tuttavia, se il flogisto sfugge dal metallo calcinato, perché mai la calce prodotta pesa più del metallo di partenza?  Stahl e i suoi non accettarono la prova sperimentale: “…il flogisto può, qualche volta, avere la qualità della leggerezza, cioè pesare meno che nulla. E’ naturale che le calci peseranno più dei metalli che avete messo nella fornace: qualcosa, meno qualcosa che pesa meno di nulla, peserà sempre di più che non nello stato primitivo”, e così, al flogisto, mediante un’ipotesi ad hoc, fu attribuito un peso negativo.

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